Pubblicato il 06/11/2025
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Maltrattamenti e stalking
Questa interessante
pronuncia della Corte di cassazione affronta nuovamente il delicatissimo tema
relativo alla circostanza aggravante ad effetto speciale di cui al comma 2
dell’art. 572 c.p.
Stando alla recente
decisione degli ermellini, che hanno annullato, sul punto, la sentenza
rinviando alla Corte di Appello per un nuovo giudizio, la c.d. aggravante della
“violenza assistita” non è integrata da un solo episodio di violenza o
maltrattamento commesso in presenza di minori, ciò in ragione del fatto che
tale unico, e sicuramente grave, evento non è valutato come idoneo a rispettare
il requisito strutturale dell’abitualità dei maltrattamenti e non è di per sé
in grado di comportare un concreto rischio di compromissione dello sviluppo
psicologico e fisico del minore che vi assiste.
Di particolare interesse
è, quindi, analizzare quale sia la valenza che tale aggravante deve avere, prendendo
in considerazione, tra i vari parametri, anche quelli inerenti alla coerenza
sistematica e strutturale della stessa in relazione al nostro ordinamento
giuridico.
Il fatto e il
motivo di ricorso.
I fatti oggetto di tale
pronuncia prendono avvio dalla conferma, da parte della Corte di Appello di
Napoli, della sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato, per una
serie di reati, tra cui i maltrattamenti nei confronti della moglie, aggravati
dal fatto che, almeno in un’occasione, tali condotte erano avvenute in presenza
dei figli minori, nella specie uno dei figli aveva assistito a un tentato
strangolamento della madre.
Contro la sentenza di
secondo grado faceva ricorso l’imputato lamentando l’erronea applicazione
dell’aggravante speciale ex art 572, comma 2, c.p.; sul punto, infatti, vi sono
alcune pronunce della Suprema Corte che davano atto della necessità che
il minore, a prescindere dall’età, avesse presenziato ad un numero di episodi
che, per la loro gravità, e per la loro ricorrenza, ne potevano comprometterne
il sano sviluppo psico-fisico, escludendo l’aggravante qualora il minore avesse
assistito ad un solo atto di maltrattamento.
L’aggravante
ex art 572, comma 2, c.p.
La norma in oggetto,
introdotta nel nostro ordinamento con la ratifica avvenuta nel 2012 della
Convenzione di Lanzarote, viene comunemente definita come la c.d. aggravante
della “violenza assistita”, rimandando, quindi, a ogni forma di violenza
indiretta nella quale lo spettatore, minorenne, è costretto ad assistere a
episodi di violenza fisica e/o verbale perpetrati nei confronti di una figura
per lui di riferimento, come può essere un genitore o un fratello/sorella.
Quindi, anche la vittima
di violenza assistita è a tutti gli effetti persona offesa dal reato.
Come si è precedentemente
ricordato, tale circostanza aggravante è ad effetto speciale, ossia comporta un
aumento di pena fino alla metà, superiore, quindi, a quello previsto per le
circostanze aggravanti comuni (aumento fino ad 1/3). Vi sono altresì
conseguenze anche per la prescrizione del reato, i cui termini si allungano.
Nello specifico poi,
l’applicazione di tale aggravante comporta altresì che, ex art 656, comma 9,
c.p.p., non sia possibile sospendere l’ordine di esecuzione emesso dal pubblico
ministerio a seguito della sentenza di condanna non sospesa condizionalmente.
Ciò comporterà per il
condannato definitivo l’ingresso in carcere con successiva possibilità di
formulare istanze alternative alla detenzione.
La
pronuncia della 2° sezione penale n° 34683 del 23 ottobre 2025.
I Giudici, richiamando
due precedenti sentenze della 6°sezione penale (31929/24 e 20128/25) riaffermano
due concetti fondamentali al fine di determinare l’applicazione della
circostanza aggravante in commento.
In primo luogo, tale
aggravante deve consistere necessariamente in reiterati episodi di violenza,
commessi “in presenza o in danno di persona minore”, non potendo, di
conseguenza, essere costituiti da un unico episodio. Contrariamente, infatti,
non ci sarebbe coerenza con la normativa ex art 572 c.p. che ha nell’abitualità
la propria tipicità.
Quanto, poi, al secondo elemento,
è importante ribadire che il bene giuridico sotteso a tale circostanza aggravante
è il possibile nocumento, desunto da dati concreti, allo sviluppo fisico e
psicologico del minore.
Ebbene tale
compromissione può necessariamente verificarsi attraverso una esposizione del
minore alla violenza e agli abusi che non sia occasionale. In tali situazioni,
infatti, si verifica la concreta possibilità che il minore, assorbendo i
comportamenti violenti in modo indiretto, sia pregiudicato nel proprio sviluppo
psico-fisico.
Ad opinione degli
ermellini, dunque, solo il rispetto congiunto di questi due elementi può
permettere: di rispettare la coerenza con la fattispecie di reato ex art 572
c.p. (che si ricorda è un reato abituale) e di garantire l’effettività del
principio di offensività, qui declinato nel concreto rischio che l’esposizione
del minore a continui episodi di violenza possa comportare una menomazione
della propria psiche.
Tale ricostruzione è
confermata anche da Cass. pen. sez. VI, n.
20128/2025, secondo la quale “da un punto di vista testuale, la norma
richiede che, ai fini della configurabilità dell’aggravante, “il fatto” sia
commesso in presenza o in danno della persona minore. Pertanto, tenuto conto
della ratio dell’aggravante e della struttura necessariamente abituale del
reato cui accede, deve ritenersi che il “fatto” cui assiste il minore deve
essere costituito da un numero minimo di episodi idoneo a rivelare la maggiore
pericolosità e offensività della condotta criminosa”.
Sulla base, quindi, di
queste considerazioni la Corte, rilevata la carente motivazione sul punto, ha
annullato la sentenza in riferimento ai fatti in oggetto mandando al giudice di
Appello di verificare approfonditamente, non solo l’esistenza di una pluralità
di episodi di violenza cui i minori avrebbero assistito ma anche, l’incidenza
degli stessi sulla loro psiche.
Conclusioni
La soluzione ribadita
dalla Suprema Corte invita, quindi, a ragionare sul valore intrinseco delle
aggravanti e sui fatti che le hanno determinate, dovendosi evitare che la loro
applicazione vada a compromettere l’equilibrio tra la effettiva
intensità del comportamento posto in essere e la gravità della risposta
punitiva.